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Nella notte di domenica 19 settembre sono rientrati i quattro turisti spaziali decollati tre giorni prima con il razzo Falcon 9 della SpaceX, che ha orbitato intorno alla Terra a un’altezza di 575 chilometri, ben oltre la Stazione Spaziale Internazionale (SSI). A bordo solo 4 civili senza alcun astronauta professionista, guidati dal miliardario dell’e-commerce Jared Isaacman di 38 anni finanziatore del viaggio. Anche Elon Musk, fondatore di SpaceX, entra così nel business del turismo spaziale. E lo fa col suo solito sensazionalismo, documentato anche dalla serie “Countdown” di Netflix, che ha seguito la prima missione spaziale civile in orbita, dagli addestramenti al lancio, fino all’atterraggio.
Prima di lui, l’11 luglio scorso, l’imprenditore britannico Sir Richard Branson, fondatore della Virgin Galactic, era diventato il primo turista spaziale a superare la quota degli 86 chilometri con il velivolo Virgin ShapeShip Unity. Pochi giorni dopo il volo di Branson toccò a un altro miliardario, Jeff Bezos, fondatore di Amazon e della società spaziale Blue Origin, che il 20 luglio volò a una quota superiore a 100 chilometri insieme al fratello Mark, al diciottenne olandese Oliver Daemen, il più giovane di sempre a volare nello spazio, e all’ottantaduenne Wally Funk, la più anziana.
Quanto vale il turismo spaziale
Il report “Space Tourism – Global Market Trajectory & Analytics” di aprile 2021 valuta per il solo turismo spaziale un valore complessivo di 1,7 miliardi di dollari entro il 2027. «Ma il valore complessivo della space economy è ben più alto, stimato intorno ai 400 miliardi di dollari» ci racconta il fisico Roberto Battiston che proprio di nuove missioni spaziale parlerà il 10 ottobre al Festival dell’Innovazione e della Scienza di Settimo Torinese. «Al momento il 70% del fatturato appartiene al settore delle telecomunicazioni seguito da quello per l’osservazione della Terra, con oltre 3500 satelliti operativi. Ma sarà il ruolo dei privati a creare un effetto moltiplicatore nei prossimi anni».
Proprio per questo il termine “turismo spaziale” appare riduttivo. «Si tratta piuttosto di una grande partnership tra pubblico e privato per nuove esplorazioni spaziali, che richiedono enormi investimenti che solo i colossi tecnologici internazionali possono garantire, e in cui il turismo spaziale è solo uno dei tasselli in grado di creare un ciclo economico produttivo» prosegue Battiston. Le implicazioni, come è facile immaginare, sono molteplici e riguardano anche i futuri scenari geopolitici ed economici.
Il ruolo della Cina nella corsa allo spazio
Sempre secondo il report, sarà la Cina a muovere nel turismo spaziale il maggior giro d’affari, con una crescita attesa di circa il 20% l’anno fino al 2027. Partita in grande ritardo rispetto alle altre potenze spaziali, la Cina sta velocemente recuperando lo scarto temporale con risultati molto importanti: con i suoi satelliti in orbita bassa, con una propria stazione spaziale il cui completamento è previsto per il 2022, con l’unica sonda terrestre riuscita ad atterrare sulla faccia nascosta della Luna, e nell’esplorazione di Marte con ben tre mezzi attualmente operativi sul suolo marziano. È facile intuire come la Cina punti a diventare a tutti gli effetti la nazione leader, anche in campo spaziale; altrettanto facile è pensare che gli Stati Uniti faranno di tutto per impedirlo.
Il bisogno di una regolamentazione internazionale
Il secondo problema riguarda il bisogno di una regolamentazione internazionale, per ora quasi del tutto assente. «La selvaggia liberalizzazione delle missioni spaziali sta di fatto generando una conquista monopolistica dello spazio a bassa quota, quello utile per le telecomunicazioni, in cui la parte pubblica è sempre più debole e tutto sta finendo nelle mani di pochissimi privati» prosegue Battiston. I tanti satelliti circolanti, inoltre, riflettono la luce solare, contribuendo all’inquinamento luminoso e disturbando la ricerca astronomica, e senza un trattato internazionale sulla riduzione dell’impatto dei satelliti la situazione non potrà che peggiorare. Infine, c’è il problema sicurezza: le orbite si incrociano in modo sempre più pericoloso e, con l’aumentare dei satelliti, aumenta la probabilità di incidenti. Ormai lo abbiamo imparato, la tecnologia corre sempre molto più veloce degli apparati regolatori che invece si trovano a rincorrere: lo abbiamo visto per i droni, lo stiamo vedendo per le automobili a guida autonoma e sarà così anche per lo spazio; è bene quindi che ci si dia una mossa, per porre i giusti limiti ai nuovi pirati dello spazio.
Le nuove sfide spaziali
La parte però più interessante di tutta questa storia riguarda le sfide di medio-lungo termine che la scienza si è posta. Il primo obiettivo è il ritorno sulla Luna con la costruzione di una base lunare stabile. «Si tratta di uno sforzo faraonico paragonabile alle missioni Apollo che allora erano sotto il totale controllo pubblico». Oggi una cosa del genere sarebbe impensabile, e per tornare sulla Luna nel 2024 come ha annunciato la NASA c’è bisogno di una velocità innovativa e di una assunzione di rischi che solo il mondo privato è in grado di sobbarcarsi. «C’è poi l’esplorazione di Marte e delle lune di Giove e Saturno, per la ricerca di vita sotterranea nei loro oceani ghiacciati, per cui è necessario un salto tecnologico enorme» continua Battiston. «La Luna è infatti a una distanza molto breve, ma quando si va più lontano nascono problemi enormi. Come riparare, ad esempio, un guasto che richiede la sostituzione di componenti quando ci si trova a circa otto mesi di viaggio dalla Terra? Abbiamo bisogno di una tecnologia capace di ripararsi autonomamente, come avviene nel mondo animale e vegetale». Studi sulla robotica plantoide (robot che prendono ispirazione dalle piante nella loro capacità di adattarsi all’habitat circostante) unita all’intelligenza artificiale stanno andando proprio in questa direzione. E, ancora una volta, saranno i privati a guidare la corsa.

Fisico di formazione, comunicatore scientifico di professione. Mi occupo di scienza, tecnologia, innovazione, e aiuto a comunicarle bene. Tutto su di me su giorgiosestili.it